Stasi Fruit: gli impatti trasformativi della componente innovativa in agricoltura
Una distesa pianeggiante a meno di un chilometro dal mare. Dune sabbiose che si alternano alla macchia mediterranea, e ancora tamerici e giunchi a congiungersi in una naturale barriera che precede le spiagge. Litorali ampi e sabbia dorata. Ma, Scanzano Jonico, è soprattutto terra buona da coltivare, fertile e benevola, madre di primizie di frutta e ortaggi, agrumi, pesche, kiwi e ancora fragole. Colori e odori che sono alla base dell’economia locale.
La storia imprenditoriale che questa settimana abbiamo deciso di raccontarvi parte da questo comune di poco più di settemila abitanti, nella parte sud-occidentale della regione Basilicata. L’azienda è la Stasi Fruit, una superficie totale di settanta ettari, sulla quale sono coltivati trenta ettari di agrumi, quindici di fragole, tredici di pesche/nettarine, cinque di albicocche, mentre la restante parte è destinata agli ortaggi.

«Una passione, quella per l’agricoltura che ho ereditato dai miei genitori, che mi ha spinto ad investire nel territorio che amo, certo delle sue grandi potenzialità, lì dove ho deciso di restare e di crescere i miei figli – spiega Giuseppe Stasi, quarant’anni, titolare dell’azienda dal 2003 e socio produttore di Apofruit Italia – per questo stesso motivo la mia idea, sin da subito, è stata quella di improntare la nostra intera attività nel rispetto della sostenibilità ecologica».
Aspetto chiave che si immette all’interno di un concetto molto più ampio, quello di sviluppo sostenibile, a sua volta strettamente collegato al tema della tutela dell’ambiente. Tutela che si esplica sì attraverso la riduzione dell’impatto che le diverse attività umane hanno sul nostro Pianeta, ma anche nel riconoscimento, mai banale, del valore intrinseco delle risorse ambientali. Fattore non trascurabile in tal senso è quello relativo alla tutela dei pronubi, ovvero di tutti quegli insetti, in special modo delle api, ma non solo, che trasportano il polline da un fiore all’altro permettendo l’impollinazione e la conseguente formazione del frutto. «Impieghiamo le api per l’impollinazione naturale dei fiori e gli insetti utili per la lotta integrata, riuscendo così a ridurre del 40% l’utilizzo di pesticidi».

È importante, dunque, specificare come il termine stesso di sostenibilità abbia subito negli ultimi anni una vera e propria evoluzione: si è partiti da una visione centrata quasi esclusivamente sugli aspetti ecologici, per approdare a un significato più ampio che considera, oltre alla dimensione ambientale, anche quella economica e sociale. Ma per rendere effettiva una simile svolta in ambito agricolo non si può non considerare l’imprescindibile fattore “innovazione”, solo elemento che può avere effettivamente degli impatti trasformativi reali. Si inscrive in tale ambito la sfida dell’innovazione varietale, ovvero la selezione di varietà che possano fornire produzioni di alta qualità con ridotto fabbisogno energetico e a basso impatto ambientale, per rispondere alle esigenze sempre più eco-consapevoli dei consumatori.

«Ed è proprio grazie all’innovazione varietale – aggiunge Stasi – che riusciamo a rifornire il mercato con il prodotto richiesto nel momento in cui esso ne è sprovvisto. Si pensi ad esempio ad alcune varietà di fragola, come la Rosetta e la Candonga, tipiche dell’areale metapontino, e alla loro produzione che va da gennaio fino a metà giugno, quando su altri mercati è praticamente impossibile trovarle. Ciò vale allo stesso modo per le drupacee sotto serra o per alcune varietà di agrumi, poiché attraverso il bilanciamento tra le varietà precoci e quelle tardive si riesce ad intercettare l’esatto punto in cui piazzarsi tra l’incrocio di domanda e offerta».
Ma l’innovazione è soprattutto tecnologia: «Sono fermamente convinto che l’innovazione tecnologica e di precisione sia un ulteriore passo che possa condurre la nostra azienda non solo verso una sempre maggiore sostenibilità ecologica, ma si traduca anche in una vera e propria fonte di ulteriore guadagno – aggiunge Stasi – stiamo implementando sistemi e tecnologie digitali per accrescere la nostra competitività anche attraverso sistemi di irrigazione e nutrizione automatizzati che ci permettono di irrigare e nutrire le piante in modo localizzato e nel momento esatto del fabbisogno». Il risultato? Un risparmio di acqua pari al 40%, assieme alla diminuzione del 25% delle spese di acquisto di fertilizzanti. Dati che negli anni hanno dato la prova di come i sistemi di precisione permettano di contenere i costi degli input, assicurando al contempo produzioni di elevato livello qualitativo e rese maggiori. Fattori a cui corrisponde matematicamente un incremento del reddito. Numeri che confermano la sostenibilità economica di cui prima.
A ciò si aggiungono gli investimenti, realizzati grazie agli incentivi statali “agricoltura 4.0”, circa il rinnovo del parco macchine e attrezzi, una necessità che si fa tale anche per quanto riguarda la tutela del lavoro dipendente: «è necessario investire in innovazione tecnologica e di precisione anche per quanto riguarda la lavorazione dei terreni e nei vari processi produttivi, ma soprattutto per far lavorare con maggiore sicurezza i nostri collaboratori, è infatti il loro lavoro, assieme alla fiducia reciproca che ci lega, il vero punto di forza della Stasi Fruit».

I progetti futuri? «Un impianto di sei ettari di kiwi giallo, aggregandosi in filiera. È necessario, infatti, se non indispensabile, guardare al futuro con gli occhi dell’associazionismo, mettere in primo piano i vantaggi che l’aggregazione può fornire a noi produttori, con la consapevolezza che davvero l’unione faccia la forza e si confermi, ancora una volta, elemento indispensabile per domare il mercato – spiega fermamente Stasi – oltre a ciò pensiamo di investire in impianti agrivoltaici, produrre dunque energia attraversi i pannelli solari e le serre». È ancora una volta la componente innovativa a tracciare il solco per l’impresa agricola del futuro, verso sistemi agroalimentari più inclusivi, più sostenibili, sotto ogni aspetto, ma soprattutto più resilienti.
SIMONA PELLEGRINI