La pratica della bellezza: lo spazio comune come opera d’arte

«Cos'è la bellezza? Ed in particolare, quanto la bellezza urbana può migliorare la qualità della vita fino condizionare il nostro modo di essere?»

Questo appuntamento con Agristorie prende avvio da due semplici domande. Domande che ci interrogano sulla valorizzazione dello spazio urbano e dello stesso paesaggio. Domande a cui abbiamo provato a rispondere attraverso un progetto di riqualificazione, La pratica della bellezza. Un progetto che sta interessando la villa comunale di Marconia di Pisticci, in provincia di Matera e che nasce come azione di volontariato dall’idea di tre comuni cittadini, tra cui la sottoscritta (Simona Pellegrini), Francesca Camardo e Giulio D’Addurno.

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L’obiettivo? Valorizzare lo spazio urbano per offrire una rappresentazione alternativa dello stesso. La scommessa finale sta nell'impatto positivo che un eventuale miglioramento può generare circa la percezione della città in cui si vive.

«Quando parliamo di un bel paesaggio da guardare lo percepiamo come una realtà oggettiva, sia che si tratti di bellezza naturale o opera dell'ingegno umano. In realtà il paesaggio ha bisogno di un punto di vista necessariamente soggettivo. Tale soggettività è rappresentata da tutto quello che siamo disposti a cogliere nel paesaggio stesso, tutto ciò che appartiene solo a noi e alla nostra esperienza nel guardarlo. Da qui nasce il senso di appartenenza a un dato luogo. È lo sguardo dell'osservatore, infatti, a fare di quel paesaggio una questione tutta individuale. Allo stesso modo, il cittadino, si riconosce e riconosce lo spazio in cui vive. Ma affinché ciò accada è necessario che quel paesaggio sfugga all'indistinzione».

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Ciò significa sottrarre lo spazio urbano all'oblio della massificazione, affinché esso non debba più essere inteso semplicemente come spazio da attraversare, ma che sia, invece, spazio da vivere, spazio in cui sostare. Da qui l’idea. Il simbolo della "sosta" per eccellenza: la panchina.

Ormai da luglio, dopo aver ottenuto un finanziamento da parte del Comune di Pisticci per l’acquisto del materiale necessario, lavoriamo giornalmente e gratuitamente sulle panchine della villa comunale. Sverniciare, sostituire le assi, impregnare, stuccare e poi dipingere. Queste le parole d’ordine che da più di due mesi caratterizzano le nostre giornate. Ad ogni area il suo tema: dalle panchine poetiche a quelle dedicate alle bellezze naturali ed artistiche del territorio.

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Perché? Per lasciare un posto migliore a quei sedicenni pieni di sogni che siamo stati. Quel posto, che quando avevamo sedici anni non ci piaceva. Quel posto a cui, per converso, siamo tornati. La convinzione che ci muove è che siano gli spazi aperti a costituire il luogo ideale per il rigenerarsi della comunità. Spazi aperti belli da guardare e che possano accogliere armonicamente l'intera cittadinanza educandola, al contempo, al senso del bello, per condurre il cittadino al rispetto della cosa comune.

La ragione, probabilmente utopistica, della convergenza parallela tra il concetto di etica ed estetica, parte dalla forza e dalla potenza comunicativa dell'arte, dalla soggettività universale di una performance artistica che applicata allo spazio urbano possa dare avvio alla concezione dello spazio comune come opera d'arte, opera d'arte che non può essere profanata, e va rispettata in quanto tale, in quanto bella.

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La nostra offerta è quella di rendere tale bellezza alla portata di tutti, sdoganarla, perché no, attraverso una panchina. L'offerta è la bellezza della prossimità, la bellezza di ciò che già ci appartiene, anche se ancora non lo riconosciamo come tale.

SIMONA PELLEGRINI